martedì 12 luglio 2011

Allons enfants de la Patrie. Cremona e la Rivoluzione Italiana




                                                                                     
                                                                                                             GIOVEDI' 14 LUGLIO 2011
presso Palazzo Cattaneo, in Via degli Oscasali, 3

alle ore 21: ”Allons enfants de la Patrie.... Cremona e la Rivoluzione Italiana”
conferenza del Presidente dell'Associazione
prof. GIAN CARLO CORADA

alle ore 21,30: nei cortili e nel giardino di Palazzo Cattaneo brindisi "Liberté, Egalité e Fraternité" con musica d'accompagnamento.
Alla serata sono cordialmente invitati i cittadini francesi residenti a Cremona.
L'intera cittadinanza é invitata a partecipare.
Ingresso libero




Cremona e la Rivoluzione Francese
Introduzione.

Il presente opuscolo riporta, più o meno, il testo di una conferenza. Ha quindi un carattere assolutamente discorsivo e non comporta note o bibliografie. Verrà il momento per un saggio più approfondito, con tutti gli “apparati” che giustamente sono di solito utilizzati. Ciò non toglie che io debba dichiarare il mio tributo per fonti e notizie a diversi studiosi che nel passato, remoto e recente, hanno scritto dell'esperienza cremonese di quella che, con bella espressione, Ugo Foscolo chiamò “Rivoluzione d'Italia”: da Vincenzo Lancetti a Fiorino Soldi, da Luigi Ratti a Gianfranco Taglietti, a Lucio Villari ed agli autori del bel volume sul Settecento della “Storia di Cremona”, coordinato da Carlo Capra.

L'intento mio primo e dichiarato è quello di ricostruire, in sintesi, le vicende cremonesi dal 1796, quando i francesi entrarono in città, fino al 1814, quando definitivamente tornarono gli austriaci. L'obbiettività della ricerca storica, per quanto difficilmente raggiungibile, deve essere sempre posta come fine da perseguire. Dichiaro subito, comunque, due convinzioni. La prima l'ho maturata proprio studiando la storia cremonese del periodo in questione: aver vissuto la città ed il territorio in quei vent'anni scarsi un momento estremamente interessante, di sviluppo e vivacità rispetto agli anni precedenti ed anche a quelli immediatamente successivi, almeno fino al 1848; essere stato presente ed attivo un gruppo di persone, non così ristretto come si potrebbe pensare, coerente con le proprie idee e pronto a pagare per esse, a sacrificarsi, persone che sono state quasi del tutto dimenticate sia dalla toponomastica che dalle cronache locali. La seconda convinzione è precedente e deriva dagli studi che ho compiuto sull'Illuminismo e sul Settecento. 
L'Illuminismo, prima, e la Rivoluzione francese, poi, con le sue contraddizioni ed i suoi eccessi, sono stati straordinari “movimenti” culturali e politici “borghesi”, nel senso che, salvo esigue minoranze, i rapporti di proprietà non sono stati messi in discussione e libertà ed eguaglianza erano considerati valori fondamentali ma in una sfera che non toccava se non in minima parte le differenze sociali. Anche gli espropri ed i sequestri di beni degli ordini religiosi e di alcuni nobili ostili (rientranti in Lombardia, per quanto riguardava la Chiesa, in una politica già dall'Austria seguita) ebbero carattere episodico, di continuità con il passato, emergenziale e tutto sommato di non grande rilevanza. Eppure io credo che quei concetti di libertà ed eguaglianza, nati storicamente così, maturati in un contesto ben definibile e databile, siano divenuti dei valori universali, imprescindibili, non negoziabili. Vi è chi contesta questa convinzione, lo so, ma io penso che il fallimento dei regimi comunisti e di quelli reazionari così come le brutture dell'intolleranza, il fanatismo del terrorismo e le incertezze dei nostri sistemi ci obblighino a ripensare certi valori originari (come appunto la libertà, l'eguaglianza e la fraternità), a riallacciarsi ad essi, rinnovandoli, ed a valorizzarne l'universalità.